24 luglio - 21 agosto 1983
CAPO NORD IN OTTAVO.
Con due 125 cc al tetto del mondo.
Pubblicato sul mensile LA MOTO in aprile 1984



Capo Nord e una delle mete più ambite per ogni motociclista appassionato di turismo a largo raggio. I circa 5000 km che separano l'Italia dal punto più settentrionale d'Europa sembrano riservare questo affascinante viaggio solo ai possessori di moto di grossa cilindrata, capaci di assicurare medie elevate, comfort e resistenza allo sforzo. Ma Capo Nord può essere raggiunto anche con moto di piccola cilindrata, magari delle ottavo di litro, come dimostra il racconto dei giovani Dino Mazzini e Stefano Pedrucci, che hanno portato a termine il faticoso raid con una Moto Morini 125 ed una Vespa 125.

Il loro resoconto, un autentico diario costellato di informazioni, da inevitabilmente più spazio alle disavventure capitate lungo il cammino che alle notazioni turistiche, ma rappresenta una testimonianza autentica di un modo "alternativo" di viaggiare. Una gita a Capo Nord comunque non si improvvisa e qualche consiglio può essere utile per affrontare meglio la "regina" delle avventure mototuristiche.


Freddo, pioggia e chilometri

Prima di raccontare il viaggio, credo sia necessaria una breve presentazione delle moto che ci hanno permesso di vivere questa entusiasmante esperienza. La mia è una MOTO MORINI 125, elaborata a 150 cc., con 3 anni di età e particolarmente accessoriata per l'occasione con speciali portapacchi laterali posteriori, portapacchi anteriore sullo sterzo e paragambe-portataniche anteriori, tutti da me costruiti. Alla data della partenza contava già 55.600 km. L'altra è una Vespa 125, con elaborazione a 175 cc., anch'essa con 3 anni di età e che già ha portato il amico in giro per l'Europa. Alla data della partenza segnava più di 27.000 km. Chi scrive è Dino, 19 anni, mentre il possessore de la Vespa è Stefano, 20 anni appena compiuti. L'avventura, perché di un'avventura vera e propria si è trattato, ha inizio per noi in due momenti separati: io infatti prendo la via di SALISBURGO (AUSTRIA) la sera della domenica 24 luglio, alle 20, da VERICA, un paesino nel modenese, mentre STEFANO mi raggiunge la sera di mercoledì 27 luglio, dopo essere partito alle 4 della stessa giornata da BOLOGNA. Nonostante la stanchezza provocata dai primi 630 km di viaggio, siamo pronti a ripartire la mattina del 28 luglio, diretti a Kassel, in Germania. Strada facendo ci facciamo prendere un po’ la mano dall'entusiasmo e, quando è ormai calata notte, decidiamo di raggiungere senza fermarci Copenaghen, che dista ancora 700 km. Purtroppo una mia fermata dovuta prima ad un tirante fermabagagli slacciatosi in autostrada, poi all'intasamento del filtro dell'aria, che impedisce al motore di riavviarsi, mi fa perdere contatto da Stefano. Convinto che, non accortosi della mia fermata, abbia proseguito, giungo all'imbarco di Puttgarden per Rodby (Danimarca), ma del mio amico nessuna traccia. Allora telefono a casa sua in Italia per segnalare la mia posizione ed i miei programmi di viaggio sperando che, come sua abitudine, lo faccia anche lui al più presto. Ormai completamente intontito dalle 26 ore di viaggio e dalla pioggia insistente incontrata ad Amburgo e che non mi ha più abbandonato, proseguo per Copenaghen, dove arrivo alle 13.00 del 29 luglio. Il tempo di montare la tenda in un campeggio e sono già immerso in un sonno profondo. La sera ritelefono in Italia e vengo a sapere che, durante la notte ho inavvertitamente superato Stefano, fermatosi per riposare in un parcheggio: sempre grazie al ponte attraverso i suoi genitori, gli do appuntamento per il giorno dopo alle 13.00 davanti al parco Tivoli della capitale danese. Prima di riaddormentarmi faccio il calcolo dei Km percorsi: sono 1260 in 30 ore!!

Il giorno dopo, 30 luglio, mi ricongiungo con Stefano e decidiamo di ripartire al più presto per Oslo: mentre lui si concede due ore di riposo, sottopongo la moto ad un controllo; la sgroppata del giorno prima è stata digerita con disinvoltura dalla mia "povera" 150 e lo stesso dicasi per la Vespa, pertanto mi limito a qualche operazione di routine (pulizia della candela, regolazione e lubrificazione della catena, rabbocco dell'olio). Smontata la tenda, alle 15 si parte per Oslo. Traghettati ad Helsingor, dopo tre ore siamo in territorio svedese ed imbocchiamo subito la strada verso il nord sotto un cielo splendido: alle 22.00 siamo a Goteborg, mancano appena 300 km da Oslo che non abbiamo intenzione di raggiungere prima delle 7.00 del mattino; possiamo quindi concederci un riposino, reso piacevole da un caffè all'italiana che ci prepariamo sul ciglio della strada. In confronto ai 35° lasciati in Italia, i 15° che abbiamo trovato ci sembrano ancora più freddi, come d'altra parte testimonia il mio abbigliamento: ho indosso i jeans, i pantaloni della tuta da tennis, 2 magliette, 1 camicia, la giacca della tuta, 2 grossi maglioni ed un pesante cappotto invernale di pelle imbottita.

Raggiunta (e visitata) Oslo ripartiamo il primo agosto ma la pioggia a catinelle che ci accompagna senza soste rallenta molto la nostra marcia. Nelle tappe successive riusciamo a coprire circa 400 Km al giorno, una buona media tenendo conto del tempo pessimo e delle moto che continuano a macinare tranquillamente il percorso. Il 6 agosto dopo aver dormito anche una notte in tenda, finalmente partiamo per l'ultima tappa: Capo Nord, la meta del nostro viaggio, è ormai a portata di mano. Il clima è comunque pessimo: un vento fortissimo spazza il terreno quasi nudo costringendoci a pericolosi equilibrismi per rimanere in piedi e la pioggia fitta e fredda sembra decisa a non darci tregua. Così a soli trenta chilometri dall'arrivo siamo costretti a fermarci per la notte in un ostello e a rimandare tutto alla giornata successiva.

Ripartiamo decisi a tutto pur di arrivare, ma il tutto si rivela appena sufficiente: per arrivare a Capo Nord siamo costretti ad ingaggiare una autentica lotta con la natura. La pioggia battente ha reso i chilometri di sterrato più scivolosi di una lastra di vetro unta di olio ed il vento assurdo che spazza con raffiche improvvise da diverse direzioni questa terra da incubo ci sballotta come fuscelli. Impieghiamo un ora e un quarto a raggiungere il punto più settentrionale d'Europa: forse provati dal viaggio e dallo stress degli ultimi due giorni, forse convinti di aver compiuto un impresa degna di essere ricordata e comunque riuscita a pochi, avvertiamo una gran delusione. C'e' un mare di camper, soprattutto italiani, parcheggiati davanti al rifugio e l'atmosfera è molto meno elettrizzante di quanto pensassimo: l'unica soddisfazione che ci rimane è notare che tra le poche moto presenti (massimo una ventina) nessuna è paragonabile alle nostre piccole e malandate 125.

Scattate alcune foto e rimessa in piedi la mia moto, che il vento continua a sbattere per terra, presi dalla disperazione lasciamo Capo Nord. Non c'e' il tempo per immergersi in riflessioni, tanto più che guidare con un vento così forte e mutevole esige la massima concentrazione, ma ci rendiamo conto che contro una natura così selvaggia o, comunque, così diversa da quella alla quale siamo abituati, anche il più focoso degli entusiasmi finisce per smorzarsi. Alle 22 del giorno 8 siamo comunque ad Inari, un paesino della Lapponia, dove dormiamo e ripartiamo alla volta di Rovaniemi. Fermo davanti al cartello del Circolo Polare Artico per la foto di rito, comincio ad avvertire i primi sintomi di un grave guasto che sta per fermare la mia Morini, che si manifesta con dei rumori secchi. Nel giro di pochi chilometri sono definitivamente in panne e dopo diverse prove e tentativi mi accorgo che un'asta delle punterie è irrimediabilmente spezzata.

Mi assale lo sconforto e già mi vedo reimpatriato dall'Europe Assistance quando, grazie all'aiuto di due motociclisti tedeschi, di una gentilissima ragazza finlandese ed all'incredibile resistenza della Vespa di Stefano, quasi un mulo al quale si può chiedere di tutto, risolvo il problema. In una officina di Rovaniemi mi viene riparata l'asta e siamo pronti a ripartire.

Il viaggio di ritorno verso l'Italia continua ad essere costellato di disavventure, problemi, imprevisti ed incontri, il più piacevole dei quali con una ragazza sul traghetto che dalla Finlandia ci porta in Svezia, mi procura due giorni di ospitalità a Stoccolma. Ad Amburgo l'impianto elettrico smette di funzionare e si stacca di netto la marmitta dal cilindro: stavolta è il solito filo di ferro a consentirmi di trarmi d'impaccio. In Austria ci perdiamo e ci ritroviamo per puro caso nel centro di Innsbruck, dove un automobilista distratto dalla vista della mia moto tampona, per fortuna lievemente, la Vespa.

Il 20 agosto rientriamo in Italia: l'impatto con i nostri connazionali non è proprio quello sperato, visto che i doganieri ci contestano l'assetto con il quale abbiamo già percorso 4.000 km, giudicandolo pericoloso. Ma poi, dopo essermi separato da Stefano a Bressanone, mi basta girare un po' per il Trentino e poi dirigermi alla volta di Verica per rendermi conto della impressione che suscita la nostra impresa: ad ogni sosta vengo "assalito" dalla gente, specie motociclisti, che mi chiedono notizie sul mio viaggio. Quando entro a Verica il contachilometri segna esattamente 9.099 Km ma non ho il tempo di riflettere perché mi attende una spettacolare dimostrazione di affetto e stima dei miei concittadini. Un po' commosso un po' sbigottito assaporo il "trionfo", il coronamento di una fatica che, in fin dei conti, mi ha portato solo soddisfazioni

DINO MAZZINI.

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