PUBBLICHE INCAZZATURE

Diverse volte nella mia vita mi sono purtroppo trovato a subire quella che io avvertivo come la prepotenza di chi si trovava in una posizione privilegiata e, contando su questa e sulla sua forza pretendeva di fare cose che non si potevano fare, o fare male cose che si potevano fare meglio, o mancare alle sue responsabilità, o indurmi a desistere dall'ottenere le mie ragioni di cittadino.
Spesso si è trattato di liti con politici o funzionari di Enti Pubblici.
A volte il contenzioso c'e' stato con grosse ditte che pensavano che un cliente singolo non vale niente.

C'è una frase (non mia) che amo ricordare che dice più o meno “chi pensa che un piccolo uomo non è in grado di farsi sentire lo fa perchè non ha mai dormito la notte con una zanzara nella sua stanza“
Alcuni veri amici, ma soprattutto le persone che si sono trovate in conflitto con il sottoscritto, hanno spesso criticato questo mio operato, sostenendo che manifestando sempre così pubblicamente la mia incazzatura di cittadino e facendo appello continuamente alla stampa non ho seguito la modalità corretta. Alcuni meno rispettosi sono arrivati a definire il sottoscritto come “una persona con gravi difficoltà relazionali”, facendomi apertamente capire che probabilmente certe questioni si sarebbero risolte meglio con mie “relazioni con chi comanda” di tutt’altro tipo. Peccato solo che questo tipo di relazioni da loro caldeggiate siano esattamente il contrario delle uniche che sono in grado di concepire io, cresciuto in una grande città, dove la politica si occupa ancora di idee e non di piccoli e grandi favori. Cresciuto lontano da queste realtà clientelari di piccolo paese di montagna, l’amministratore e l’impiegato io riesco a vederli solo come persone pagate ed al servizio dei cittadini. Sarà forse un mio limite, ma non riesco a vedermi da cittadino come un loro suddito.
Io sono consapevole che in un paese normale ci dovrebbero essere altre forme di tutela dei cittadini rispetto ad un articolo sul giornale. Però in questa Italia e soprattutto a Pavullo finora io non ho trovato altri modi concreti per riuscire a farmi ascoltare e rispettare ed alla fine, in queste condizioni, io rimango convinto che rifarei ancora tutto quello che ho fatto allora. E sono pronto a nuove pubbliche battaglie, se ce ne fosse bisogno e non ci fosse modo di evitarle, cosa che del resto inutilmente ho sempre cercato di fare anche in passato, prima di passare alla pubblica protesta quando a mio avviso non rimaneva altro da fare.
In questo pagine racconto in forma sintetica alcune vicende particolari che sono state caratterizzate da una mia particolare fantasia ed energia nell'affrontarle e che spesso si sono risolte con il risultato a cui io volevo arrivare.
Non ci sono tutte quelle che io ho vissuto: alcune vicende, caratterizzate da modalità simili e conclusesi bene per il sottoscritto, hanno dei risvolti talmente delicati che sono per questo motivo impubblicabili ed è meglio destinarle all'oblio.
Per faccende di questo tipo, nonostante in alcuni casi con l'irruenza della mia pubblica protesta mi sia trovato spesso sul filo della cosiddetta legalità, secondo la quale bisogna stare attenti anche a quello che si racconta, anche se è la verità dimostrata con documenti, finora non ho mai avuto bisogno di spendere né una lira né un centesimo di euro in avvocati. Un segno a mio avviso che chi era dall'altra parte aveva ancora più da perderci se la questione fosse passata in una aula di un tribunale o se la mia incazzatura fosse passata a platee pubbliche più ampie, per gesta clamorose che io sarei stato pronto a fare anche in conseguenza di quello.
Nella vicenda "giu' le mani dal fiume" dove vedevo a rischio idrogeologico tutta la mia proprietà se non si fosse trovata una soluzione ero pronto ad andarmi a legare ad oltranza davanti al Consiglio Regionale a Bologna. In quella relativa alla questione "dei lupi" esasperato dalla negazione della evidenza da parte delle autorità preposte stavo per portare tutte le pecore uccise in quel modo davanti alla sede della Provincia.
Non ci sono elencate qui quelle mie poche battaglie vinte come ambientalista in rappresentanza del WWF locale, nelle quali ho speso fantasia ed energie analoghe a quelle per le vicende più personali. Queste storie sono raccontate in altre pagine di questo sito.
Le vicende sono raccontate in ordine cronologico inverso, partendo da quelle più recenti per finire con quelle più antiche.


Sono tutte storie che avrei preferito ovviamente non dover mai vivere


Lite con la PROVINCIA DI MODENA
2007-2008

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la vicenda di ADOTTA UN LUPO, ALLEVA UNA PECORA. Nell'inverno 2006-2007 iniziano a sparire da miei pascoli delle pecore.
Nel luglio 2007 in un attacco notturno vengono uccise con modalità assolutamente nuove tante pecore e i cacciatori cominciano a dirmi che hanno visto in giro dei lupi.
Ambientalista e sostenitore di campagne pro-lupo negli anni '80 io sono scettico. Ma devo ricredermi nell'autunno dello stesso anno quando gli stessi predatori tornano e fanno una strage ancora più grave, con modalità ormai chiaramente non più attribuibili a cani.
Chiedo rimborsi alla Provincia di Modena ed inizio a protestare negli uffici quando mi accorgo che le leggi che dovrebbero tutelare gli allevatori da questi fatti con adeguati risarcimenti sono ingiuste ed il nuovo problema ricade tutto solo su di noi privati.
Inizia un battibecco sulla stampa tra la mia azienda agricola e l'assessore provinciale di riferimento che nega la presenza dei lupi dalle mie parti.
A fine gennaio 2008 un lupo viene ucciso investito da un auto proprio sotto alla mia azienda agricola. Per me è la prova che il lupo qui da me c'è, ma per l'assessore provinciale, che risponde sul giornale, il lupo passava da li per caso !!!.
Nell'agosto 2008 tornano i lupi a mangiarmi le pecore e poi di nuovo nel settembre 2008. Ormai sono 67 le pecore uccise o sparite in due anni per colpa di questi predatori ed il mio gregge è ridotto al minimo.
La Provincia continua a negare la presenza del lupo. La mia determinazione a dimostrare almeno la sua presenza ormai è incontrollabile: metto pubblicamente una taglia di 1.000 euro per chi mi aiuterà a dimostrarlo. La notizia arriva agli "amanti del lupo" (fotografi, naturalisti, ambientalisti) che si rivelano gli unici che si offrono di darmi una mano concreta. Questi capiscono infatti che gli allevatori vanno aiutati, altrimenti trovano altre soluzioni dove il lupo sicuramente non viene altrettanto rispettato. Ottengo da loro in prestito alcune macchine fotografiche con scatto automatico. Insieme a loro le posiziono all'esterno di un recinto esca posto non lontano da casa.
Nel frattempo invento la campagna "ADOTTA UN LUPO, ALLEVA UNA PECORA" dove in modo scherzoso con un regolamento di attuazione simpatico dimostro l'ipocrisia di chi plaude al ritorno del selvatico però non verserebbe un euro per alimentarlo, lasciandomi quindi solo a farlo. Questa provocatoria campagna finisce come al solito nel computer di amministratori provinciali e regionali ed ovviamente della stampa.
La inserisco anche su ebay mettendo all'asta le mie pecore come "CIBO NATURALE PER I LUPI" ottenendo grande visibilità on line.
Dopo 20 giorni da quando ho piazzato le macchine ritiro i rullini scattati e li controllo insieme al fotografo di Pavullo che si è dato da fare per aiutarmi. Tra i primi scatti c'è quello di una lupa, inconfondibile, presa frontalmente. Tutti gli esperti interpellati dichiarano che è una lupa.
Finalmente la Provincia di Modena deve ammettere pubblicamente che i lupi sono presenti anche a quote basse nell’appennino intorno a casa mia.
Studiamo quindi con i tecnici dell'Ente delle modifiche da fare ad almeno parte delle mie recinzioni per evitare l'ingresso dei lupi.
Ottengo successivamente la promessa di avere la fornitura del materiale necessario, da montare poi a mie spese, che non è tutto quello che sarebbe giusto ma è meglio che niente.
La fornitura non è ancora arrivata ma recentemente ho avuto di nuovo rassicurazioni da loro che il materiale mi sarà dato.
Vedremo come finirà questa storia.





Lite con la COMUNITA' MONTANA del FRIGNANO
marzo 2006

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la vicenda di MEGLIO SOLI CHE MALE AMMINISTRATI. Nel gennaio 2006 la Comunità Montana del Frignano prepara un bando di concessione dei finanziamenti comunitari per lo sviluppo rurale delle zone svantaggiate. Questo bando con i punteggi di priorità decisi però premia di fatto chi sottrae i terreni alla produzione agricola e penalizza chi invece i terreni continua a coltivarli in maniera biologica. La mia azienda agricola con quel tipo di punteggi è sicuramente fuori dai contributi.
Inutilmente tento di modificare le cose parlando più volte con i funzionari addetti, preparando anche un dossier preciso e tecnico in cui dimostro che altri Enti di montagna hanno operato a maggior tutela di chi produce ancora.
In modo provocatorio dichiaro più volte ad impiegati e politici che sarebbe meglio essere non amministrati e senza contributi piuttosto che riceverli in questo modo. Infatti se si danno dei contributi a chi intende smettere di coltivare terreni poi questi proprietari non cedono più gli stessi in affitto a chi li vuol lavorare ancora, creando oltre alla spesa pubblica anche un problema nuovo a chi produce perché poi alle aziende non gli non rinnovano i contratti di affitto o queste non si riescono ad ampliare trovando altro terreno.
Siccome tutta la mia opera di convincimento non sembra smuovere gli uffici alla fine non vedendo altra soluzione il dossier lo invio online a tutte le autorità, consiglieri provinciali e regionali ed alla stampa.
Lo mando però come allegato di una simpatica cartolina sonora piene di pecore belanti in primo piano che urlano vergogna, con lo slogan appunto “meglio soli che male amministrati”
Il bando di contributo ed i punteggi non vengono modificati ma dalla Regione arrivano alla Comunità Montana molti più fondi di quelli inizialmente previsti. Forse per una casualità che non c’entra niente con la mia protesta o forse no.
In definitiva però in quel modo tutte le aziende che avevano chiesto quei contributi, incluso la mia, vengono finanziate e nessuno subisce danni concreti da quei punteggi secondo me sballati.






Lite con il servizio regionale DIFESA DEL SUOLO
aprile 2004

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La vicenda di GIU' LE MANI DAL FIUME. Nell'aprile 2004 iniziano lavori di escavazione di ghiaia nel letto del fiume sotto alla mia azienda agricola.
Il versante dove ho i terreni è caratterizzato da notevole instabilità geologica ed io sono 20 anni che lavoro anche e soprattutto per evitare e prevenire le frane.
Allarmato da quello che potrebbe in prospettiva a lungo termine diventare estremamente distruttivo per tutta la mia proprietà e la strada Fondovalle Panaro chiedo spiegazioni alla ditta incaricata ma vengo trattato inizialmente con molta sufficienza ed arroganza.
Preparo quindi in poche ore un dettagliato dossier in cui dimostro l'inutilità tecnica di tali opere di regimazione fluviale (così venivano normalmente fatti passare gli scavi con asportazione di ghiaia dal fiume). Nel dossier dimostro che queste opere sono finalizzate solo all'asportazione di materiale laddove altrimenti non si potrebbe. Non ci sono in quel tratto di fiume accumuli di materiale da togliere perché creano problemi. Il letto del corso d’acqua in quel tratto si è solamente abbassato di quasi 10 metri negli ultimi 100 anni. Segnalo nel dossier soprattutto i gravi pericoli che il versante corre se i lavori vengono realizzati così come progettati. Poi alla notte questo materiale l'invio con il computer a tutte le autorità politica ed amministrative coinvolgibili e alla stampa.
Ed espongo anche sulla strada di grande traffico i grandi cartelli “giù le mani dal fiume” che il giorno dopo faranno infuriare il dirigente dell’ ufficio preposto, il quale ricevuta la mia email si reca immediatamente sul posto insieme alla ditta.
Da questa mia azione ottengo però un effetto insperato: l'Assessore all'ambiente della mia Provincia, pressato anche da una interrogazione urgente di un attivo consigliere di opposizione, prende sul serio la mia segnalazione, blocca i lavori e convoca con urgenza tutti i tecnici di tutti gli uffici ad un sopralluogo sul posto alla sua presenza, onde sentire le mie ragioni.
Davanti a dieci ingegneri, geologi e geometri mi improvviso relatore delle questioni tecniche connesse e dimostro all’Assessore la pericolosità di quello che si vuol fare, mettendoli anche in difficoltà sulle procedure burocratiche da loro utilizzate per poter procedere con quei lavori. Le opere erano state fatte passare come di somma urgenza per evitare autorizzazioni particolari mentre invece il problema che loro dicevano di voler risolvere, assolutamente non critico, era comunque evidente da anni e la ditta aveva programmato quei lavori da tempo.
Terminato il sopralluogo resto solo ancora qualche minuto con l'impresa che deve continuare i lavori. Questa capisce che le cose si stanno mettendo male e cambia atteggiamento con il sottoscritto. E’ pronta a trattare per trovare una soluzione urgente alla cosa.
Tornato a casa io capisco che se mi oppongo in assoluto ai lavori di scavo rischio si di vincere la battaglia, fermando solo i lavori per un po' di tempo, ma di perdere probabilmente la guerra, visto gli interessi economici in ballo e le forze dall'altra parte. Gli offro quindi una mediazione con una via di uscita immediata.
Dopo nemmeno 48 ore dal sopralluogo e la discussione con i tecnici davanti all’Assessore, a lavori bloccati arriviamo ad un accordo con la ditta che accetta le mie condizioni: realizzare prima della escavazione della ghiaia dal fiume ed a sue spese una colossale barriera in massi ciclopici lunga 200 metri, alta 5 metri e larga 5 metri ai piedi ed a difesa del versante.
La richiesta di costruire quell'opera aggiuntiva al progetto originario viene formalizzata alla ditta da una lettera del Responsabile dell'ufficio preposto, che prima mi incontra per ottenere le mie scuse per il mio operato contro di lui. Io non ho problemi a scusarmi vista la sua disponibilità ora ad ascoltarmi, lo ringrazio pubblicamente e cesso la mia opposizione ai lavori.
La ditta incaricata, il cui titolare è un ragazzo molto sveglio e giovane, si dimostra nei mesi successivi altrettanto seria e realizza le opere promesse nei modi e nei tempi previsti.
Poi procede a fare i suoi interessi con la escavazione della ghiaia dal fiume che a quel punto con quelle opere aggiuntive non crea più pericolo né per me né per nessuno.





Lite con il COMUNE DI PAVULLO
2003-2005

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LA VICENDA DI CHIUSO PER SDEGNO. Nel 1998 un imprenditore forse con amicizie nei posti giusti costruisce con un sotterfugio un fabbricato in un terreno da lui appena acquistato, all’interno di una zona vincolata ambientale non edificabile, di fianco alla strada provinciale Fondovalle Panaro, sotto alla mia azienda agricola e ben visibile dalla finestra della mia camera da letto.
L'anno dopo al suo interno inizia a fare concorrenza commerciale al mio spaccio di miele e formaggio posto sulla stessa strada a poche centinaia di metri.
Non contento, illumina alla notte il fabbricato, cosi che quella diventa l'ultima cosa che io vedo prima di andare a letto tutte le sere.
Arrabbiato cerco un colloquio con il privato per farlo smettere, ma questo non mi prende sul serio e mi tratta male. Chiedo allora spiegazioni al Comune, mettendo i bastoni fra le ruote alla operazione poco trasparente che si vuole cercare di fare. Infatti il fabbricato precario, autorizzato quindi a rimanere sul suolo solo 6 mesi all’anno, non viene mai smontato e sono in corso procedure in Comune per farlo diventare perenne.
La mia richiesta di spiegazione mi accorgo che da molto fastidio a qualcuno, non solo all’imprenditore privato interessato. Diverse volte, ed in qualche caso da parti che mai avrei pensato arrivassero, mi giungono richieste verbali di smetterla.
Fastidio a chi conta ne avevo dato anche da anni prima, per la mia attività di ambientalista ed ero quindi comunque "nel loro mirino".
Nel mentre che vivo questo conflitto con quel imprenditore, per caso e da ignoti, e sempre negli stessi giorni che il fabbricato precario in primavera viene smontato, una volta il mio chiosco prende stranamente fuoco e l’anno dopo viene tagliato in due con un motosega.
A complicare questa situazione nell'anno 2001 i proprietari degli immobili a fianco ai miei si mettono in testa di fare una casa a pochi metri dal mio confine dove non potevano farlo. L’operazione che viene avanti da parte loro è l’ampliamento ed il cambio d’uso di una piccola stalla esistente e negli anni precedenti da loro ampliata con tettoie senza alcun permesso edilizio.
Il rischio per me è quello di vedere trasformare il cortile della tranquilla borgata dove avevo investito tutta la mia esistenza ed i miei risparmi in un condominio fastidioso come quello che avevo lasciato venendo via dalla città oltre 15 anni fa.
Cerco per un anno e mezzo un accordo privato con loro ma non lo trovo.
Per fermarli sono quindi costretto a ricorrere all’ultima possibilità che mi rimane, chiedere spiegazioni sulle opere in corso alla Amministrazione Comunale.
Ricevuto il mio dettagliato esposto l’Amministrazione deve intervenire, fermando i lavori visto che sono privi di qualsiasi permesso. Vengono emesse a loro carico ordinanze di demolizione delle opere abusive e viene intimato il ripristino dei luoghi.
Questa mia azione però indispone definitivamente qualcuno di importante in Comune.
Infatti immediatamente dopo, nel gennaio 2003, forse per cercare di vendicarsi di quelli che loro avevano vissuto come miei torti nei loro confronti, gli uffici bloccano tutte le richieste edilizie che io ho in attesa di approvazione da qualche mese. Mi chiedono improvvisamente documenti molto costosi e mai previsti in altri casi del genere, che il mio geometra sapeva non servivano nel mio caso e non aveva quindi messo nelle pratiche depositate.
Le mie richieste sono per minimi ampliamenti ai fabbricati agricoli esistenti, che io avevo costruito negli anni sempre chiedendo i dovuti permessi al Comune.
Ma non sono contenti di avermi fermato i lavori nell’unico momento in cui io li potrei fare. Io infatti rinuncio a sei mesi all’anno di comodo stipendio da funzionario pubblico per fare i miei lavori a casa. No, con diversi sopralluoghi mai visti prima da altre parti spendono energie enormi per venire più volte a casa mia per misurare tutti i miei fabbricati nei minimi dettagli. Questo per trovare il modo addirittura di denunciarmi per presunti abusi edilizi, contando su miei inizi lavori qualche giorno prima del tempo e minime difformità centimetriche tra i fabbricati esistenti e le carte depositate, dovute solo ad antichi errori dei geometri nel rendicontare lo stato finale dei luoghi al termine dei miei vecchi lavori.
Esasperato chiedo un incontro con l’assessore comunale di riferimento ed il responsabile dell’ufficio preposto ma al loro cospetto mi trovo solo un muro di ostilità ed intransigenza.
Io esco pieno di sdegno da quel ufficio e chiudo la mia azienda agricola pubblicamente per quel motivo con grandi cartelli a lutto nella mia proprietà.
Poi continuo le opere edilizie che volevo fare e che mi hanno formalmente bloccato.
La mia tesi, che scrivo più volte al mio Sindaco e Segretario Comunale, dai quali spero giungere una vera risposta che però mai arriva, è questa: io sono un cittadino che rispetta sempre i semafori quando vado per strada e la mia storia lo dimostra, visto che ho sempre chiesto tutte le concessioni edilizie necessarie. Al semaforo rosso mi fermo ed attendo che venga il verde (la concessione edilizia). Ma se arrivo ad un incrocio dove il semaforo rimane sempre rosso perché è rotto, o peggio perché mi accorgo che è stato sabotato per me, io non torno indietro a casa aspettando i comodi di qualcuno, e non chiedo nemmeno per favore che mi diano il verde che mi spetta, ma con attenzione attraverso l’incrocio.
Inizio quindi i lavori segnalando con ripetute lettere al mio Sindaco questa mia continua attività edilizia.
La vicenda per tutta la primavera finisce ripetutamente sulla stampa.
Anche in assenza delle concessioni finisco quindi i lavori che volevo fare nel maggio 2003, senza che più nessuno venga a casa mia a controllare.
Mai una volta l'Amministrazione Comunale ha il coraggio di rispondere sulla stampa alle feroci accuse che io gli vado lanciando. In pochi mesi sono dieci gli articoli che escono su questa vicenda.
Quando da entrambe le parti la rabbia è passata, quasi due anni dopo, nel marzo 2005, per tutti i miei lavori ottengo la concessione edilizia in sanatoria, senza la presentazione dei documenti che allora sembravano invece indispensabili a quegli uffici.
Io quindi riapro l'azienda agricola ormai chiusa per sdegno da due anni
Per la concessione edilizia in sanatoria è sufficiente il pagamento da parte mia di soli 300 euro di oneri, che avrei potuto risparmiarmi se le concessioni mi fossero state date quando le avevo chieste.
A distanza di 6 anni da allora però nessuno del Comune ha mai fatto rispettare al mio vicino l'ordinanza di demolizione e ripristino dei luoghi fatta nel gennaio 2003 per le opere costruite senza autorizzazione in area non edificabile. Io non ho più chiesto spiegazioni su questa cosa e non ho più “rotto le scatole” a nessuno negli uffici a questo proposito. Il mio vicino infatti nel frattempo ha rinunciato a proseguire con i lavori di costruzione di una vera e propria abitazione dove non poteva e questo mi basta. Lascio il giudizio sull’operato dell’amministrazione al lettore.
Il fabbricato precario dell'imprenditore che voleva fare la speculazione edilizia sotto la mia finestra sulla fondovalle, facendomi nel frattempo sleale concorrenza commerciale, è stato definitivamente smontato, l'imprenditore è fallito ed il terreno venduto all’asta.






Lite con PREFETTURA di MODENA
autunno 2001

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Nell'anno 2001 la ragazza all'epoca mia moglie, Rumena, chiede la cittadinanza italiana.
Andiamo al suo consolato di Milano a fare autenticare i documenti necessari, spendendo anche la cifra di 450.000 lire.
Poi ci rechiamo in Prefettura, che deve ricevere la pratica ed inoltrarla all'ufficio apposito a Roma.
Qui giunti l'addetta alla questione ci dice che non può accettare la documentazione fatta dai consolati stranieri. Con una circolare interna è stato reso noto che quei documenti vanno fatti in originale nel paese di nascita ed in tutti i paesi nei quali la donna è vissuta. Poi questi documenti vanno fatti autenticare dalle nostre ambasciate e consolati in quei paesi.
Questa differenza, in apparenza trascurabile, significa per noi, oltre ad avere buttato via il tempo ed i soldi per fare i documenti a Milano, la necessità di costose trasferte in Romania nella capitale, con attese dei documenti in hotel che in quella città sono anche molto cari. Oppure delegare la cosa ad agenzie apposite che si fanno ben pagare per questi servizi.
Dal momento che gli stessi documenti prodotti al consolato di Milano tre anni prima erano stati invece validi per il nostro atto di matrimonio, e la legge italiana sulla autentica dei documenti e delle firme non era cambiata dal 1968, io voglio approfondire la cosa senza arrendermi subito alle richieste della impiegata.
Dopo aver telefonato ad almeno 20 prefetture sparse per l’Italia ed avere esaminato quasi tutti i siti internet delle prefetture italiane scopro che ciascuna fa a modo suo: alcune vogliono come a Modena i documenti prodotti all'estero, ad altre vanno bene i documenti prodotti nei consolati italiani.
Come tutti sanno il consolato straniero in Italia rappresenta a tutti gli effetti gli uffici del suo Stato ed ha la responsabilità sui documenti che emette, il cui tipo e modi viene stabilito dal suo paese di origine.
Non c'è secondo me alcuna ragione di non accettare i nostri documenti da parte della Prefettura se non quella, come rappresentanti del Governo Italiano, di mettere in discussione l'operato dei consolati stranieri, ritenendoli forse incapaci di garantire l'originalità e la qualità dei documenti prodotti (questa era una delle motivazioni che si leggevano tra le righe nella circolare citata dalla impiegata).
Ce ne è abbastanza a mio avviso per creare un caso diplomatico.
Torno alla Prefettura deciso a far valere le nostre ragioni. Trovo ancora resistenza negli uffici alla mia richiesta ed allora li avviso che se non accettano e mandano a Roma quei documenti così prodotti a Milano io metterò in discussione pubblicamente anche l'atto di matrimonio, visto che i documenti per quel motivo sono stati autenticati in una modalità che ora mi si dice non era valida. A quel punto ottengo che la pratica di mia moglie viene mandata agli uffici di Roma senza bisogno per noi di andare a Bucarest, anche se la impiegata della Prefettura incaricata si preoccupa di informarci che se poi la richiesta di cittadinanza viene respinta perché a Roma i documenti non li considerano validi lei non vuole responsabilità.
La tranquillizzo dicendole che quella responsabilità me la prendo io.
Non contento, scrivo una lettera a tutti e cento i consolati stranieri presenti in Italia, segnalando loro che molte Prefetture italiane da qualche tempo non riconoscono più validi i documenti da loro emessi e di prendere quindi, se credono, i dovuti provvedimenti in tutela dei loro cittadini.
La mia iniziativa riempie anche mezza pagina del locale quotidiano.
Dopo un anno a mia moglie viene data la cittadinanza italiana con i documenti prodotti a Milano senza bisogno per noi di fare altro.
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Lite con Ricostruzione Gomme Appennina di Pavullo (MO)
1988



Nel 1989 acquistai presso una ditta di ricostruzione del mio paese 4 pneumatici per il fuoristrada Land Rover 88 per uso invernale e 4 per uso estivo. Dopo poco tempo, uno di questi invernali presentava vistose bolle sul fianco. Recatomi alla ditta mi dissero che non era niente e mi forarono le bolle con un cacciavite per fare uscire l'aria. Mentre ero in autostrada si stacco di netto mezza ricopertura e feci evidenti danni al parafango dell'auto. Mi recai alla ditta per reclamare ma in cambio ottenni solo il montaggio gratuito delle altre gomme che avevo acquistato da loro. Poco tempo dopo, mentre andavo sempre in autostrada, l'auto inizio paurosi sobbalzi all'anteriore e mi accorsi che una delle gomme era deformata come un pallone. La sostituii con quella di scorta e la misi sul tetto, dove tenevo la scorta, senza però avere l'accortezza di sgonfiarla. Tornai a casa ed il giorno dopo con gran boato la gomma esplose deformando tutto l'abitacolo dell'auto. Andai alla ditta per reclamare l'accaduto ma non vollero assumersi alcuna responsabilità. Feci controllare lo pneumatico da un altro gommista e questo, dai codici della carcassa, scopri' che era talmente vecchia e marcia che non si poteva più ricostruire. Feci presente la cosa alla ditta ma fui mandato via in malo modo senza soddisfazione. Il giorno dopo partivano dal mio indirizzo per tutte le officine, gommisti, ditte di autostrasporti della mia Provincia e di quelle adiacenti almeno 200 mie lettere in cui raccontavo l'accaduto. La ditta mi denunciò per diffamazione, ma la loro denuncia negli anni non andò mai avanti nonostante io fui formalmente chiamato dai Carabinieri per essere notificato di tale situazione. La mia letterò arrivò anche ad una importante rivista nazionale di autostrasporti che le diede ampio spazio. La ditta, che evidentemente era poco seria con me come probabilmente faceva con altri, chiuse i battenti qualche anno dopo. I miei danni non furono mai rimborsati..




Lite con Europ Assistance
Primavera 1985

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Nell'estate 1984 in viaggio in moto in Bulgaria rompevo irrimediabilmente il mezzo e dovevo rientrare a spese dell'assicurazione, insieme a tutti i miei bagagli come da disposizione della Compagnia. Il peso dei bagagli era molto superiore a quanto concesso dall'aereo compreso nel normale biglietto arrivato prepagato dall'assicurazione e pertanto per partire dovevo anticipare la somma allora molto alta per le mie finanze di studente di 300.000 lire. Al mio ritorno la compagnia si rifiutava di rimborsarle. Dopo diverse lettere e la pubblicazione sulla rivista Motociclismo di una mezza pagina dedicata alla mia vicenda la compagnia, con una replica sulla rivista il mese successivo, decise infine il rimborso a mio favore ammettendo pubblicamente che la loro polizza non era chiara ed avevo ragione.